Presentiamo l'intervista (a cura di Christian Schlegel) a
Klaus Lüdicke,
in “www.domradio.de”, del 24 ottobre 2013 (tradotto da www.finesettimana.org).
Klaus Lüdicke, professore di diritto canonico presso il tribunale ecclesiastico della diocesi di Münster, si esprime sull'atteggiamento del Vaticano verso i divorziati risposati. La Chiesa lotta per un riposizionamento sul modo di trattare i divorziati risposati. “L'Iniziativa Friburghese è un segnale forte del fatto che non si vuole più ignorare il problema”, ritiene lo studioso.
La situazione è alquanto sconcertante – in che direzione si sta muovendo la Chiesa per quanto riguarda i divorziati risposati?
Innanzitutto dobbiamo constatare una cosa positiva, che comunque la Chiesa vuole mettersi in movimento. Il papa ha indetto per il prossimo anno un sinodo dei vescovi, i vescovi tedeschi hanno una commissione che si occupa di questi problemi. C'è la volontà di introdurre finalmente del movimento nella storia. Dove andrà poi nel suo complesso – io presuppongo nella direzione del documento di Friburgo.
Si parte dal presupposto che il documento d Friburgo sia stato approvato dal papa. Allo stesso tempo si presuppone anche che il papa abbia approvato l'articolo dell'arcivescovo Müller pubblicato sull'Osservatore Romano. Qual'è allora l'atteggiamento del papa sul tema dei divorziati risposati?
Non lo so neanch'io, ma potrei già dire che entrambi i documenti di cui si parla non si contrappongono poi così tanto in realtà. Questo dipende dal fatto che il documento dell'arcivescovo Müller si occupa, come siamo abituati da anni nella Chiesa, della indissolubilità del matrimonio come espressione della dottrina, e cioè di un problema che in realtà non è in discussione. Non ci si pone il problema se le persone possano risposarsi in Chiesa. Si discute del problema di come le persone risposate civilmente vengono considerate dalla Chiesa. Di questo si è occupato il documento di Friburgo, riconoscendo questo stato come positivo. Vedendo tale positività, vi ha riallacciato come riconoscimento o come conseguenza il fatto che si possano ricevere i sacramenti anche se non si è sposati in chiesa e però si vive un secondo matrimonio concluso civilmente. Su questo problema il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Gerhard Ludwig Müller non si è quasi per nulla espresso. In tutto il documento scrive una quantità di affermazioni sull'indissolubilità del matrimonio di cui nessuno dubita. E sul problema dello status dei divorziati risposati sotto il profilo morale dice solo che fare la comunione non è possibile per motivi interiori. Quali siano i motivi interiori, non se ne fa parola. Se non c'è una motivazione, o se l'arcivescovo non la conosce, o se non vuole dirla, è qualcosa che possiamo solo supporre.
Oggi non c'è più alcuna pressione morale di esporsi ad una condanna del diritto canonico come divorziati risposati. Diversamente rispetto forse ancora a trent'anni fa. Allora perché le persone dovrebbero esporsi ancora ad una tale stigmatizzazione?
Allora, vorrei distinguere: coloro che desiderano essere nuovamente sposati in chiesa hanno a disposizione un procedimento di annullamento del matrimonio, che in un numero relativamente alto di casi ha successo e permette un nuovo matrimonio. Questo è per così dire il risultato ideale. Per gli altri, per i quali ciò non è possibile o che non vogliono, rimane la questione del giudizio morale dei loro rapporti. Tradizionalmente la Chiesa ne ha sempre parlato come di adulterio permanente, di colpa grave. Se però si prende la dottrina della Chiesa sul concetto di peccato grave il risultato è che le cose non sono conciliabili. Non sono persone che nella loro vita, nella loro situazione religiosa, nelle loro decisioni vogliano staccarsi da Dio, cosa che è invece una caratteristica presente nella definizione di colpa grave. Ciò significa che per la Chiesa è sufficiente ricorrere alla sua legittimità, alla sua teologia, e trarne la conseguenza che le persone coinvolte non sono peccatori gravi e che la responsabilità di fronte a Dio di essere sì o no degne di ricevere i sacramenti, l'hanno comunque loro stesse.
Pensa che anche il sinodo che papa Francesco ha indetto per il prossimo anno potrebbe andare in questa direzione?
Mi è molto difficile prevederlo, anche perché io nel dibattito che c'è stato finora non ho considerato proprio con attenzione l'intero problema, che ha volutamente messo in secondo piano la moralità dei rapporti dei divorziati risposati, mentre è sempre stata messa al centro l'indissolubilità del matrimonio, ciò che ha fatto ora anche Gerhard Ludwig Müller. Ma, come ho detto, non è questo il problema. Se il sinodo dei vescovi del 2014 riuscirà ad affrontare positivamente il problema, è difficile prevederlo. Ma lo possiamo sperare e l'Iniziativa Friburghese è sicuramente un segnale forte del fatto che non si vogliono più ignorare queste situazioni.